Rilasciato il seguito del documentario sui bambini soldato per rispondere alle critiche di manipolazione
Come per un kolossal hollywoodiano o per un blockbuster di successo, anche per il video virale Stop Kony 2012 è stato realizzato un sequel. E la strategia di comunicazione della ong di San Diego Invisible Children, ideatrice della campagna, ancora una volta ricorda quella adottata per promuovere un film piuttosto che un documentario sui bambini soldato.
RITARDO PER FAR CRESCERE L’ATTESA– Dopo essere stato annunciato più e più volte con tanto di lanci su Twitter e Facebook, il filmato è stato messo in onda due giorni in ritardo, in modo da far crescere l’attesa. Obiettivo, replicare i 100 milioni di accessi, ottenuti con la prima parte. E rispondere alle critiche, di chi ha visto nella campagna un tentativo di manipolare l’opinione pubblica usando un tema d’impatto come quello dei bambini soldato per modificare le strategie di politica estera della Casa Bianca in Africa. Il risultato in realtà è stato un ulteriore aumento dellee polemiche. Brendan O’Neill, editorialista del Telegraph, si è spinto a paragonare Stop Kony – II Part al sequel di Scream, celebre film dell’orrore, decisamente commerciale e noto per le innumerevoli puntate. Insomma, qualcosa che fa paura e che si guarda comodamente seduti sul divano sgranocchiando pop-corn. Come se la vita, il dolore e le lacrime di bambini violentati e costretti a uccidere fossero solo una storia commuovente, una favola, una sceneggiatura.
«ABBIAMO RISVEGLIATO LE COSCIENZE» – Il nuovo filmato – della durata di 20 minuti, più corto della prima parte in cui si narravano le crudeltà commesse dal generale ugandese Josep Kony e del Lord Resistence Army contro bambini e bambine, ridotti in schiavitù – spiega come in realtà l’intento di Invisible Children sia stato di risvegliare le coscienze sull’Africa, continente troppo spesso dimenticato e relegato in fondo ai notiziari televisivi, nonostante ogni giorno vi vengano consumati i peggiori crimini contro l’umanità. Anche in questo caso le immagini sono curatissime, così come le musiche e i claim utilizzati. Nel sequel viene poi annunciata un’iniziativa mondiale per il 20 aprile a favore dei bambini soldato. Nessun accenno, invece, al ricovero per motivi psichiatrici di Jason Russell, regista di Stop Kony 2012, fermato dagli agenti dopo aver dato i numeri in mezzo alla strada completamente nudo a pochi giorni dal successo del documentario.
Fonte: Corriere.it