L’Uganda del 2013 è l’Africa del futuro, ma anche quella del passato: dal duca degli Abruzzi a Hemingway. Un Paese che offre tante opportunità a un viaggiatore curioso. Perché qui ci si può interrogare negli occhi di un gorilla di montagna del Bwindi National Park e attraversare il Kazinga Channel al tramonto per vedere abbeverarsi la più incredibile varietà di animali: dagli elefanti agli ippopotami, dai bufali ai leoni. O ancora, scalare, come fece Luigi di Savoia nel 1906, il Ruwenzori, la più alta cima (5109 metri) dei Monti della Luna. Ma l’Uganda è anche il Paese dove sono nati ecolodge con stanze sugli alberi all’interno di foreste incontaminate e dove si “decolonizzano” i toponimi per riscoprire i nomi autoctoni della regione dei Grandi Laghi.
L’Uganda si è messa alle spalle i conflitti del Novecento e ha archiviato la dittatura di Idi Amin con un silenzioso processo di riconciliazione. Grande due terzi dell’Italia e con circa 30 milioni di abitanti, il Paese si propone come una meta sicura. La base di partenza per esplorarlo non può che essere Kampala, città in tumultuosa trasformazione che non ha perso la sua identità di capitale dell’antico regno di Buganda sorto nel XV secolo. Accanto ai grattacieli, si possono ancora visitare i quartieri e le grandi chiese del periodo coloniale, quando l’Uganda era un protettorato britannico. Da non perdere il lago Vittoria, il più grande bacino tropicale al mondo, con le sue tremila isole, molte delle quali disabitate. E proprio in una di queste si trova il Ngamba Island Chimpanzee Sanctuary, un centro internazionale che dal 1998 ha salvato centinaia di animali in collaborazione con l’Uwa, l’Uganda Wildlife Authority.
Dalla capitale, passando per la città di Mbarara, uno degli itinerari d’obbligo è quello che porta in cinque-sei ore di auto al Bwindi Impenetrable National Park. Nel parco – un ambiente che risale addirittura al Pleistocene ed è riserva dal 1932 – convivono 346 specie di uccelli e 120 di mammiferi tra cui colobi, scimpanzè e gorilla di montagna. La colonia dei circa 340 gorilla Bwindi è divisa in quattro gruppi, di cui tre in totale libertà (Mubare, Katendegyere e Rushegura), mentre il quarto è controllato da alcuni progetti di ricerca internazionali. Facendo base al Sanctuary Gorilla Forest Camp o in uno degli altri lodge, il trekking che permette di avvicinarsi ai gorilla è offerto in un pacchetto di tre giorni. Un’avventura affascinante ma impegnativa per il terreno sconnesso, la vegetazione fittissima, il caldo umido e la presenza di pericolose formiche. Una fatica che dura sei-otto ore che viene ripagata dall’osservazione dei primati, riuniti in piccoli gruppi – non più di venti esemplari – e guidati da un maschio adulto, chiamato Silverback per il colore argenteo della schiena.
Vero leader della famiglia, il Silverback prende le decisioni sugli spostamenti e fa da mediatore nelle liti tra i più giovani. L’incontro con il branco toglie il fiato. Per evitare le solite proposte dei tour operator, si può puntare sul Murchison Falls National Park, il più vasto parco dell’Uganda, famoso per le spettacolari cascate del Nilo Vittoria. Alte 43 metri, le cascate erano state ribattezzate ai tempi di Amin “Kabarega Falls”, in onore del re del Bunyoro, una delle diverse etnie del paese. Raggiungibile in quattro-cinque ore di auto da Kampala, il Murchison Falls Park offre diverse opportunità: dai lodge più semplici a soluzioni di grande comfort come (nella zona nord-est) il 5 stelle Chobe Safari Lodge con una splendida piscina a più piani affacciata sul Nilo e sulla natura selvaggia. Altra possibile tappa, poco più a ovest, il Paraa Lodge, un hotel di fascino dove nelle sale foderate di legno ci si immagina di incontrare l’esploratore Sir Samuel Baker, che dedicò le cascate al presidente della Royal Geographical Association, Roderick Murchison.
Fonte: Repubblica.it