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Le Silicon Valley “nere” che tengono in Africa le ricchezze

19 Mar

Silicon Valley_africa

Ci sarà il grattacielo più alto d’Africa, almeno finché qualcun altro ne metterà in cantiere uno ancora più lungo: 270 metri (l’Empire State Building a New York è di 391). Ci lavoreranno 50mila persone, ve ne abiteranno altre 25mila e costerà 8 miliardi di euro.

Si chiama Hope City, la Città della Speranza, e il Ghana conta di farla nascere in tre anni in una zona – oggi vuota – alla periferia della capitale Accra per attirare l’industria dell’information technology dell’Africa Occidentale.

L’ennesima Silicon Valley annunciata in qualche parte del mondo. Perché non c’è nazione che, appena registra un minimo di benessere per una parte della popolazione – l’ineffabile “classe media” –, non sogni di replicare quel mix di creatività, ipermodernità e ricchezza che la culla dell’high tech californiana giustamente incarna nell’immaginario planetario.

In Ghana i soldi ce li mettono i privati, poche settimane fa anche il Kenya aveva posto la prima pietra – con gran squilli di trombe – di una Silicon: Konza, a 37 chilometri da Nairobi (12 miliardi di euro e 20 anni di lavoro). Ce la faranno?

O diventerà piuttosto, in poco tempo, una Ghost City, una città fantasma? Un vantaggio, comunque, c’è: gli alti introiti dalle commodities di questi anni metteranno le fondamenta in Africa, piuttosto che sparire in mille rivoli paradisiaci (di tasse, s’intende), e le basi per creare lavoro vero e ad alta tecnologia. Se si chiama “Speranza” un motivo reale c’è.

Fonte: Corriere.it

 
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Pubblicato da su 19 marzo 2013 in Uncategorized

 

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