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Mugabe, dittatore eterno nell’Africa che cambia

05 Ago

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Gli anni sono 89, quelli di potere 33, i mandati presidenziali consecutivi sei. Ha espropriato le terre dei bianchi per redistribuirle al popolo: 39 fattorie se le è tenute lui, le altre le ha date ai più fedeli e solo ai contadini iscritti allo Zanu-FP, il suo partito. Il suo più noto successo economico è l’inflazione al 100mila% raggiunta nel 2008. Il giudizio che l’arcivescovo Desmond Tutu ha dato di lui resta il più vicino alla realtà: Robert Mugabe è l’archetipo del dittatore africano dei fumetti.

Molti segnali lasciano credere che l’epica del presidente dello Zimbabwe, l’ex Rhodesia, continuerà con un settimo mandato. «Solo Dio», infatti, riuscirà a scalzarlo, come aveva detto qualche tempo fa. L’altro ieri il Paese è andato alle urne per rinnovare presidenza e Parlamento. Come da un decennio, i candidati al vertice erano lui e Morgan Tzvangirai del Movimento democratico per il cambio, il Mdc. E come da sempre, in un modo o nell’altro, Mugabe sta scippando la vittoria. I risultati dovrebbero essere resi noti entro il fine settimana ma già ieri Tzvangirai ha denunciato una «enorme farsa». Gli osservatori della più importante organizzazione di osservatori neutrali, lo Zimbabwe Election Support Network, confermano che il voto è «seriamente compromesso».
Questa volta il partito di Mugabe ha impedito il voto a più di un milione di elettori, principalmente nei seggi urbani; e fatto votare anche i morti nei collegi rurali. Storicamente lo Zimbabwe agricolo sostiene il presidente, quello delle città Tzvangirai. Nel 2008 il primo turno delle presidenziali le aveva vinte quest’ultimo ma aveva rinunciato al ballottaggio per evitare il massacro: Mugabe aveva scatenato i suoi miliziani, la sua polizia, il suo esercito, perseguitando i sostenitori dell’opposizione. Solo i Paesi africani vicini avevano spinto il dittatore ad accettare come premier Tsvangirai, il quale ha saputo fermare l’iper-inflazione.

Lo Zanu festeggia la vittoria sicura. Gli osservatori dell’Unione Africana confermano che le elezioni sono state regolari. Il Sadc, la Comunità dei Paesi dell’Africa meridionale si esprimerà oggi. Questa difficoltà a scaricare uno di loro, è un segno di debolezza e di vecchio in un continente che invece sta vivendo una stagione di grandi cambiamenti. Di golpe continuano ad essercene almeno uno all’anno ma la democrazia si sta rafforzando.
Ancora di più la crescita economica: squilibrata, lontana dal garantire uno sviluppo armonico fra i Paesi e fra gli strati sociali di ognuno di essi. Ma il Pil dell’Africa sub-sahariana cresce del 5,2% da un decennio. Nel 2012 le sei economie con il più alto tasso di crescita vengono da quello che era il più povero dei continenti. Ma per Robert Mugabe lo Zimbabwe è sempre la Rhodesia della lotta armata, che 40 anni fa lui liberò dai colonialisti. È per questi meriti che gli altri africani continuano a essere così tolleranti, facendo pagare allo Zimbabwe un anacronistico prezzo della Storia.

Fonte: Il Sole 24 Ore

 
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Pubblicato da su 5 agosto 2013 in Uncategorized

 

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