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Blues d’Africa

28 Gen

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Come avviene in Italia il talent show Masterpiece di Rai Tre che, contro le tendenze televisive, sceglie un nuovo scrittore così in Inghilterra il Network World Music ha allestito un concorso che andasse alla ricerca della star internazionale della musica etnica del mondo intero. E’ così accaduto nel 2012 con Amadou Diagne, un griot senegalese vincitore della competizione “Battle of the bands” che con la sua voce cristallina e vellutata (un perfetto mix di colori che mette insieme Mansour SeckIsmaël LoBaaba Maal e Salif Keita) col suo stile chitarristico pieno di lirismo blues ha conquistato tutti.

Nato nel borgo di Ashlem, alla periferia di Dakar e proveniente da una famiglia storica di griot (così erano chiamati dei servi e consiglieri del re che attraverso la musica tramandavano la tradizione orale fatta di storia, avvenimenti e canzoni e la portavano in tutti i villaggi del paese), Amadou Diagne a vent’anni era già membro dell’Orchestra Nazionale del Senegal dove suonava le percussioni che aveva iniziato ad apprendere sin dall’età di 4 anni. Nella sua carriera di musicista Diagne ha accompagnato grandi artisti come Youssou ‘N DourCesaria Evora e Jimmy Cliff prima di arrivare alle sue incisioni che testimoniano un vero grande talento. E dopo l’esordio “Introcing Amadou Diagne” ecco arrivare l’album numero due che conferma la tendenza di un artista il cui valore non poteva essere tenuto a lungo nascosto.

E’ stata la violinista scozzese Griselda Sanderson, dottore in musicologia e figlia di un liutaio del Clackmannanshire, che ha preso l’artista africano sotto la sua protezione producendo un lavoro di grande spessore nel quale il blues si mescola allombalax (il genere classico dell’etnia senegalese Wolof), fondendo la chitarra alla nickelharpa (di origine svedese qui suonata dalla Sanderson) e al guembri (un cordofono di tradizione Gnawa qui suonato da Simo Lagnawi). Spesso la chitarra di Diagne è usata come una percussione con uno straordinario risultato di fusione, a partire dalla superlativa apertura di “Sey” cui risponde un altro affascinante brano come “Alal” nel quale la voce fumosa e sofisticata dell’artista ha il forte potere della penetrazione. In questi brani la musica esce dai confini del Golfo di Guinea e si amalgama con colori e sapori popolari dell’Egitto e con sfumature celtiche. Tutti i brani sono di forte presa e mescolano idiomi africani con inglese e francese dei dominatori. Fino al bellissimo grido finale di “Gorée“, un vero e proprio pianto che rende omaggio all’isola antistante il Senegal da cui partirono i primi schiavi neri verso il Nuovo Mondo.

Fonte: IlQuotidiano.it

 
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Pubblicato da su 28 gennaio 2014 in Uncategorized

 

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