Il virus che causa febbre emorragica è quasi sempre letale e non esiste terapia. Il contagio si sta diffondendo in Sierra Leone e Lineria. Msf si mobilita
Ginevra. Sede dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). La prima epidemia di Ebola in Guinea preoccupa gli esperti. Se non li allarma. Un dirigente del ministero del Paese africano aggiorna i casi: 122 malati sospetti e 78 morti, per ora in un’area del Sud. Ma il virus che causa la febbre emorragica (vi sono diversi ceppi, rapidi nel contagio e altamente letali: è il destino del 70-90 per cento dei colpiti) questa volta sta contagiando anche la Sierra Leone e la Liberia. Il via vai ai confini ne è la causa e i casi, pochi al momento, sospetti si stanno registrando anche in questi altri due Paesi dell’area equatoriale. Ed è arrivato nella capitale della Guinea, Conakry: otto casi confermati. L’ospedale di Donka è diventato il quartier generale e la struttura principale di isolamento. Medici senza frontiere (Msf) parla di un’epidemia senza precedenti nei termini della distribuzione dei casi in diverse località della paese. «A diffondersi in Guinea è il ceppo Zaire del virus di Ebola: il più aggressivo e mortale. Uccide più di 9 pazienti su 10», dice Michel Van Herp, epidemiologo di Msf attualmente a Guekedou. E continua: «Per fermare l’epidemia, è importante tracciare la catena di trasmissione. Tutti i contatti dei pazienti che potrebbero essere stati contagiati dovrebbero essere monitorati e isolati al primo segno dell’infezione».
La strategia
Strategia prioritaria: isolare la zona e contare i colpiti. I numeri in Africa sono approssimativi e le organizzazioni sanitarie sono spesso solo di facciata. Difficile quindi fare diagnosi, difficile contare i colpiti e le reali cause di morte. L’unica certezza è che in poco tempo l’emorragia causata dal virus dilaga nell’organismo colpito e che la morte è il finale più frequente a cui assistono medici e infermieri impotenti, a rischio loro stessi di contagio. Non a caso Ebola è uno dei più temuti virus sul fronte del bioterrorismo. Anzi, quando ha dato i primi segnali della sua presenza, c’è chi ha pensato alla “creazione” di un qualche laboratorio militare da testare sul campo. In Africa appunto, dove la vita – si sa – vale poco o nulla. Dove spesso si muore prima di nascere.
Fonte: Corriere.it