“Apia”, Appoggio alle Politiche inclusive nell’Africa Subsahariana, è il nome delnuovo programma di cooperazione che la Spagna ha presentato la scorsa settimana. L’obiettivo – ha detto il ministro José Manuel García-Margallo – è di “aiutare uno sviluppo più sostenibile ed inclusivo”. Nel 2015, 1 milione di euro verrà destinato ad implementare le strategie nazionali in termini di uguaglianza, educazione e trasparenza. Nel frattempo cresce la tensione lungo i confini di Ceuta e Melilla. Ricorre proprio in questi giorni l’anniversario della morte dei 15 migranti, deceduti mentre tentavano di raggiungere a nuoto la spiaggia spagnola di El Tarajal. E, ancora in questi giorni, deportazioni illegali, violazioni di diritti umani e il sogno infranto di entrare in Spagna per centinaia di africani.
“Un granello di sabbia nelle politiche di sviluppo”. La crescita macroeconomica, che negli ultimi anni ha caratterizzato l’Africa Subsahariana, abbisogna di politiche inclusive che non reiterino le disuguaglianze. A partire dal 1° gennaio, la Spagna è membro non permanente del Consiglio Generale dell’ONU. Ciò, secondo il ministro García-Margallo, consente al continente africano di ricevere un appoggio concreto: “La nostra voce è la sua voce. L’Africa ha in Spagna un amico”. Attraverso un “compromesso strategico e multidimensionale”, la penisola iberica intende supportare il processo di crescita di cui i paesi dell’Africa Subsahariani sono protagonisti, a partire dall’elaborazione, formulazione ed esecuzione delle politiche pubbliche inclusive.
Progetti su richiesta: 6 i paesi beneficiari. Il rischio che siano riproposte logiche di disuguaglianza fra i cittadini pone l’accento sulla necessità di rendere accessibili i servizi primari, quali l’educazione, la salute, l’energia e il credito. Maggiore partecipazione della popolazione, in particolar modo delle donne, è uno degli obiettivi principali dell’Apia. I paesi beneficiari, al momento, sono sei: Senegal, Mali, Niger, Etiopia, Mozambico e Guinea Equatoriale. Non è stata ancora effettuata una ripartizione della somma stanziata. L’Agenzia di Cooperazione spagnola ha deciso di finanziare i progetti a seconda delle richieste dei paesi. Sono arrivate numerose proposte da parte dei governi e delle organizzazioni civili, che ora attendono di essere vagliate.
Fuori: costi quel che costi. A un anno dalla morte dei 15 migranti di cui ancora non si conosce l’identità, le frontiere spagnole in Marocco continuano ad essere luoghi di tensione e violazioni. Gas lacrimogeni, proiettili di gomma, operazioni di rimpatrio immediato anche per i rifugiati minorenni. Nulla è cambiato. È questa la quotidianità lungo i confini di Ceuta e Melilla: da un lato la Guardia Civil e dall’altro migliaia di africani provenienti dai paesi subsahariani che provano ad entrare. Si calcola che dal 2000 sono morte 22 mila persone nel tentativo di raggiungere l’Europa. Le politiche di frontiera rendono sempre più rischiosa l’attraversata e mietono un numero di vittime che compete con quello dei conflitti bellici.
Immigrazione, raggiunto il picco dell’anno. L’ondata migratoria dello scorso martedì è la più importante dell’anno in termini numerici, secondo i dati forniti dalla Delegazione del Governo spagnolo e dal CETI (Centro di soggiorno temporaneo per gli immigrati). Più di 600 persone hanno tentato di oltrepassare i confini. Non mancano i feriti. La polizia marocchina, nel frattempo, sta smantellando gli accampamenti sul monte Gurugú. Le Ong denunciano l’incendio doloso del ghetto dove vive circa un migliaio di persone. La Delegazione del governo spagnolo insiste sulla “necessità di non ammettere che gli assalti di massa siano una costante” e aggiunge che quello presente “non è un modello a cui dobbiamo rassegnarci per il bene degli immigrati”.
Fonte: Repubblica
Rosalyn
3 novembre 2015 at 3:07 am
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