L’arte di Prince Adetomiwa Gbadebo per il progetto che dà voce a un popolo che ha molto da raccontare
Raramente dipinge un solo quadro alla volta: quasi sempre Prince Adetomiwa Gbadebo lavora a due opere contemporaneamente. Perché «insieme si compensano, sono in equilibrio tra loro», spiega mostrando due grandi tele affiancate, una colorata l’altra dai toni più cupi, una che rappresenta il «pubblico» l’altra il «privato». Entrambe però raccontano l’Africa e la Nigeria, il suo paese di origine . L’artista nigeriano, vive e lavora attualmente negli Stati Uniti ma in questi giorni è a Firenze, per il progetto A-FREE-CA, ideato dall’architetto Eusebio De Cristofaro e promosso dalla Florence Gospel Choir School di Firenze, per scoprire l’arte e la cultura africana e afro americana dalla musica alla pittura, dalla fotografia al cinema fino alla scrittura.
L’atelier e il Florence Gospel Choir
Prince Gbadebo a Firenze lavora in un insolito atelier: il cortile dello spazio Ub in via dei Conti. Qui è possibile vederlo all’opera ogni giorno, tra colori e pennelli. Poi il 29 giugno le sue tele nate a Firenze ma con il pensiero all’Africa saranno presentate alla Chiesa Metodista in via de’ Benci, con l’accompagnamento musicale dal vivo di cantanti e musicisti gospel, diretti dal maestro Nehemiah H Brown, pastore e direttore della Florence Gospel Choir School. «La musica accompagna le immagini e le parole, questo è l’Africa» spiega Brown.
Non solo tappa di migranti
Il progetto A-FREE-CA è nato quasi 20 anni fa Firenze per creare un punto di riferimento nella città del Rinascimento, a metà strada tra l’Africa e l’America, dell’arte contemporanea afroamericana. «Volevamo che l’Italia non fosse solo la tappa dei viaggi dei migranti, ma anche un luogo dove dare respiro a un popolo che ha molto da raccontare» spiega De Cristofaro. Nasce così l’idea della residenza artistica: ad aprile è stata ospite la scrittrice Brenda Brown Grooms, ora la volta di Prince Gbadebo, in autunno arriveranno altri artisti.
Simboli, parole e colori
Nel cortile-atelier, Prince Gbadebo lavora alle sue due opere, in continua evoluzione. «Ho un’idea iniziale ma poi mentre dipingo cambiano», racconta. «Nella vita ho fatto tante trasformazioni e si vede anche nella mia arte, evolversi è l’unico modo per abbracciare il cambiamento». Sulle tele c’è la sua Africa, simboli, parole, colori che ricordano questa terra: la scritta Ifa, spirito divino della tradizione della tribu Yoruba, che «rappresenta l’unione di mente, corpo e anima», la bocca, diventata ormai un tratto distintivo, «il punto da cui proviene l’informazione e da cui si comunica all’esterno», il cerchio, «l’equilibrio, il gancio tra anima corpo».
Legame tra mondi
Prince Gbadebo, nato in Nigeria, si è trasferito a tre anni in Inghilterra per poi tornare da ragazzo in Africa. Da giovane ha iniziato a disegnare su opere altrui, poi ha cominciato a crearne di proprie. La pittura è arrivata in seguito. Al collo porta una collana africana con i segni che i genitori facevano sul viso ai figli quando venivano portati via come schiavi per ricordare loro la tribu da cui provenivano: l’ha fatta lui con un ramo recuperato in un fiume in Minnesota, dove oggi vive. È un legame tra due mondi, l’Africa e gli Usa, le origini e il futuro. Che si incrociano a Firenze.
Fonte: CorriereFiorentino.it