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Senegal, ultima frontiera del basilico Tornare in Africa con un lavoro verde

04 Dic

basilico_senegal

DOPO aver lasciato il Senegal per Genova venticinque anni fa, dopo aver fatto l’operaio, l’imprenditore e il dipendente alla Genova Parcheggi, Mourtalla Gueye è giunto a una conclusione: “Qui non c’è trippa per gatti“. Sì, perché la crisi ha colpito anche loro, gli stranieri che sono immigrati nel capoluogo ligure da una vita, e che qui come lui si sono integrati e hanno messo su famiglia. Però, Mourtalla, presidente di Aei, l’Association de l’emigration e de l’immigration, responsabile provinciale del sindacato Seiugl, trentotto anni e due figli, non è uno che si dà per vinto. E con un gruppo di connazionali ha deciso: “Torniamo alla terra. La nostra”. Nasce così il progetto “Le jardin de l’espoir“, il giardino della speranza: terre coltivate con tecnologie di irrigazione goccia a goccia in Senegal, per produrre sesamo, ortaggi, frutta. Anche basilico, coltivato nei campi di Tamba. “Stiamo trattando con un’azienda di Campomorone che produce olio bio naturale, per esportarlo dal Senegal e venderglielo  –  spiega Mourtalla, che fa da ponte tra i due mondi  –  e anche con alcuni commercianti del Mercato Orientale, dove tra l’altro lavorano anche tanti senegalesi: l’obiettivo è fare in modo che i prodotti che coltiviamo in Senegal, come sesamo o burro di karité, si possano vendere e acquistare qui a Genova“. L’avventura di Talla  –  come lo chiamano tutti i suoi amici  –  è fatta di piccoli passi. Anzi, di piccole gocce, come il sistema di irrigazione che ha portato in Senegal, e che permette di evitare che l’acqua evapori prima di toccare la terra, con un metodo preciso ed economico. “Abbiamo creato l’associazione nel 2007  –  racconta  –  Aei, l’Association de l’emigration e de l’immigration, ha firmato un protocollo di intesa con il sindacato Immigrati-Emigrati Seiugl, e siamo partiti“. L’elenco dei terreni coltivati in Africa grazie al progetto Le jardin de l’espoir sono due fogli fitti di cifre e nomi: si va dagli orti nella regione di Matam, al confine tra Senegal e Mauritania, a Fatick, nella zona occidentale del paese, ad Anambé, a sud, a Touba, fino a Tamba. Dove i senegalesi-genovesi hanno messo in piedi serre di basilico. Ha le foglioline più larghe, questo basilico senegalese: certo, il terreno di Tamba è molto diverso dalle alture di Prà. Ma è comunque un pezzo di Genova nel cuore dell’Africa. Come il gruppo dei coltivatori di Talla.

Abbiamo raccontato la nostra esperienza in un convegno a Brescia, il mese scorso  –  racconta Gueye  – e ora ne stiamo preparando un altro qui a Genova. L’obiettivo è avviare n corso di ortocultura, spiegare come funziona la tecnica dell’irrigazione goccia a goccia e quali sono i diversi tipi di coltivazione che si possono realizzare: vogliamo fare appello ad altri nostri connazionali, perché si uniscano al nostro progetto. Ma anche agli italiani. Qui, il lavoro non si trova. Ed è la natura, la terra, che fa andare avanti le cose“.

Fonte: Repubblica.it

 
1 Commento

Pubblicato da su 4 dicembre 2013 in Uncategorized

 

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Una risposta a “Senegal, ultima frontiera del basilico Tornare in Africa con un lavoro verde

  1. catin porno

    8 Maggio 2014 at 3:57 am

    On рeut dire que cce n’est pas inexact ..

     

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